Logo
Overview

Il rework di Affinity dopo acquisizione da Canva

31 ottobre 2025
6 min di lettura

Il problema (costoso) del design professionale

Come tutti i designer durante il loro percorso di studio e formazione, ho anche io avuto l’evento canonico di testare alternative alle prosciuganti politiche di licenza di Adobe. Questo monopolio, negli ultimi anni della mia vita, è stato uno dei motivi catalizzatori che mi hanno spinto a ridirezionare la mia attenzione verso lo sviluppo software invece di perseguire una carriera da designer.

…ok - lo ammetto - forse in anni l’avrò pagato una sola volta, riuscendo pure ad evitare la infamissima super-fee di uscita, e chi sa cosa intendo comprenderà, per poi iper-specializzandomi nella conoscenza di “fonti di approvvigionamento alternative”.

Le alternative storiche

Le alternative più comuni e diffuse erano principalmente:

  • Il pacchetto dei software Affinity: si contrapponeva ad Adobe mettendo a disposizione una suite professionale con un modello di business simile, ma che poteva essere acquistato una sola volta per sempre senza la necessità di pagare una licenza annuale.
  • Il pacchetto dei software Corel: in maniera simile ad Affinity, ma con un’esperienza di utilizzo che cercava in tutti i modi di rincorrere la modernità senza avere il coraggio di mettere in dubbio un’esperienza utente che trasudava passato in ogni suo componente, per la paura di perdere clienti storici che hanno fatto di questo software una religione.
  • Software open-source come GIMP e Inkscape: fanno bene quello che fanno, ma non col fine di mettere a disposizione una suite professionale, bensì di dare a disposizione un’alternativa gratuita e open-source per chi ha la necessità di lavorare con immagini e grafiche per fini non professionali.

La mia esperienza con Affinity (prima di Canva)

Sarò totalmente trasparente sulla mia esperienza con la suite di Affinity prima dell’acquisizione da parte di Canva: l’ho amata, ma ho dovuto mandarla via come si farebbe con un piccolo gattino randagio a cui hai dato del cibo e che ti ha seguito fin sotto casa, ma che purtroppo non puoi ospitare perché la tua famiglia è allergica.

Gli standard di industria, per quanto esista il layer di compatibilità dato dal PDF (che è comunque un brevetto della Adobe che non è stata neanche capace di creare un software capace di gestirli in maniera efficiente per le operazioni più comuni; sì, ce l’ho pure con Acrobat, ma questo è un altro discorso), hanno creato una barriera insormontabile tra l’adozione di altre suite di progettazione grafica. Perciò ho dovuto abbandonarla.

La strategia che cambia tutto

Sono onestamente ancora dubbioso riguardo al fatto che Affinity possa sostituire o pensare di poter prendere una considerevole quota di mercato nel settore della progettazione grafica, per quanto la Adobe sia piena di odio nei riguardi del suo modello di business e costi (visto anche ciò che è successo con Corel). Ma oggi mi sono imbattuto in un articolo che approfondiva la strategia di Canva: usare Affinity non per competere con Adobe, ma per creare un accentratore di strumenti per clienti che spaziano tra il generalista e il professionista non di settore che ha comunque la necessità di creare asset digitali, come un coltellino svizzero “da ufficio” che per paradigma è simile al lavoro che ha fatto Microsoft in passato con la suite di Office.

Il vero obiettivo: competere con Microsoft, non con Adobe

Non dico che prima o poi Canva se ne uscirà con il suo copycat di Office o Excel come si può immaginare sia ora con Affinity e Adobe, ma piuttosto ragionando sui requisiti che un professionista potesse avere in passato col pc in un mercato che si sviluppava ancora solo su regole empiriche basate più su numeri e statistiche. Ora il mercato ha un dominio in più rappresentato da quello dello sviluppo di asset digitali sfruttati per il web, social, pubblicità e marketing. Perciò i requisiti sono cambiati: non si tratta di creare cloni o fare concorrenze.

La strategia di Canva è chiara: invece di competere per i power user professionali (che rappresentano un mercato relativamente piccolo), puntano a convincere le aziende che tutti i dipendenti hanno bisogno di strumenti di design, non solo il team creativo. È lo stesso approccio che Microsoft ha usato con Office: non importa se solo alcuni dipendenti sfruttano Excel al 100%, tutti lo hanno e molto spesso pagato visto che è incluso in licenze Microsoft 365.

I numeri della strategia

Secondo l’articolo, Canva ha calcolato che può permettersi di offrire Affinity come loss leader perché il rapporto è favorevole: Adobe Creative Cloud Pro costa 99,99almeseperutenteaiclientibusiness,mentreCanvaBusinesscosta99,99 al mese per utente ai clienti business, mentre Canva Business costa 200 all’anno per utente. Se Canva riesce a convincere più di 6 “normali” dipendenti per ogni professionista che Adobe serve, esce comunque in guadagno. E il numero di dipendenti che hanno bisogno di creare asset digitali è molto più alto di quello dei designer professionisti.

La strategia “craft and scale” di Canva funziona così: i designer professionisti usano Affinity Studio (gratuito) per creare asset di alta qualità e brand guidelines, poi questi vengono caricati su Canva dove il resto dell’organizzazione (marketing, sales, HR, chiunque) può usarli per creare contenuti a scale, senza bisogno di competenze tecniche.

L’unificazione delle app e l’AI dietro paywall

Una delle decisioni più interessanti della suite di Affinity è l’unificazione delle tre app per come era già in passato (Designer, Photo e Publisher), con in più altre applicazioni nell’ecosistema integrate sempre come fossero un unica istanza. Parte di ciò che rende Adobe così frustrante da usare è che devi continuamente saltare tra app diverse. Con Affinity, non c’è più questo problema: carichi il tuo file e se vuoi un disegno vettoriale, lo aggiungi. Vuoi mettere del testo o una foto? Basta aggiungerli. L’interazione seamless tra istanze vettoriali, raster e impaginazione è una figata rispetto a ciò che offre Adobe.

Per quanto riguarda l’AI, Canva ha fatto una scelta intelligente: ha messo le funzionalità AI dietro un paywall, mentre ha mantenuto il software base completamente gratuito con accesso a tutti gli strumenti tradizionali. Questo permette ai power user che non vogliono AI di ignorarla completamente, mentre chi è interessato può pagare per le funzionalità avanzate oppure sfruttare altri vendor come Midjourney per generare immagini per non interrompere un flusso di lavoro già consolidato.

Riflessioni finali

Ragionando: se un professionista di design visuale ha bisogno di utilizzare la suite Adobe come industry standard, deve pagare una cifra considerevole all’anno per avere accesso a tutti i suoi strumenti e una compatibilità quanto più alta possibile con collaboratori esterni. Invece, se non si ha bisogno del presupposto della compatibilità estrema ma di un modo per modificare in maniera efficiente e veloce i propri asset digitali con un paradigma più fine-grained e professionale rispetto ai templating di Canva per come l’abbiamo imparato a conoscere finora, senza dover necessariamente pagare quella cifra ma piuttosto una frazione di essa solo se si vuole avere accesso alle funzionalità più avanzate rappresentate dall’intelligenza artificiale generativa, avendo il programma di base completamente gratuito e con accesso a tutti i suoi strumenti, allora Affinity è la soluzione ideale.

Ho testato e fatto un po’ di esperimenti con la nuova versione di Affinity, e ho realizzato che forse per me i tempi sono abbastanza maturi per poter testare la suite di Affinity in maniera più consistente, anche perché l’alternativa ormai è sperare di non avere un crypto-miner o fare parte di una bot-net solo per aver installato il pacchetto sbagliato da siti loschi.